Abbiamo approfondito i temi inerenti la salute connessa, intervistando il Dr. Valerio Pecchioli Responsabile U.O.S.D. Prevenzione Cardiovascolare - Ospedale F. Spaziani A.S.L. Frosinone
Dr. Pecchioli, innanzitutto le porgiamo un sentito ringraziamento la sua disponibilità.
Sappiamo che lei, da ormai 10 anni, si occupa attivamente dei temi legati alla salute connessa.
Vorremmo quindi conoscere il suo punto di vista su un nuovo modello di gestione del paziente sottoposto ad intervento chirurgico.
Cosa ci può dire in merito?
La crescente complessità e fragilità dei pazienti ricoverati nelle aree mediche richiede un cambiamento nell’organizzazione sanitaria con la necessita di una visione “patient-centred”, dove il paziente è condiviso (shared patient) in un sistema di assistenza globale.
Cionondimeno anche i pazienti degenti nelle aree chirurgiche e sottoposti a interventi, sia in urgenza che in elezione, risultano sempre più complessi a causa dell’aumento dell’età e delle comorbidità mediche.
Risulta per cui più razionale che le scelte cliniche in reparto chirurgico vengano affrontate attraverso un modello organizzativo di cogestione (co- management), tra medico internista e/o cardiologo e il chirurgo, orientato verso una logica di “assistenza globale” che prenda in considerazione anche dell’utilizzo nella pratica clinica del “monitoraggio multi-parametrico continuo “del paziente.
Partendo da questo modello organizzativo, quali sono le fasi più importanti di gestione e soprattutto per quale tipologia di paziente chirurgico?
La gestione del paziente chirurgico presenta aspetti peculiari che si evidenziano nella fase preoperatoria e soprattutto post-operatoria sia in regime di ricovero che alla dimissione negli ospedali di comunità, nelle aree di degenza riabilitative e a domicilio.
La necessita di curare con sempre maggiore frequenza pazienti fragili, sta modificando lo scenario clinico e assistenziale delle aree Chirurgiche.
La complessità di questo mutamento epidemiologico determinerà ricadute che ancora non appaiono ben definite ma probabilmente influiranno sempre di più sugli stessi outcome chirurgici.
Quali sono gli eventi avversi che maggiormente possono verificarsi nelle aree di degenza chirurgica e in quali periodi?
Il post-operatorio e il periodo in cui si amplificano maggiormente gli eventi avversi indesiderabili.
Il paziente operato e a rischio di complicanze emodinamiche, infettive e metaboliche a carico di ogni organo-apparato.
È quindi un contesto clinico in cui è particolarmente richiesto un approccio globale al paziente.
È fondamentale inoltre il monitoraggio continuo dei parametri e segni vitali per predire e gestire il deterioramento clinico ottimizzando la terapia.
La maggior parte dei pazienti candidati alla chirurgia, ad esempio, presenta multiple co-morbilità (BPCO, diabete mellito, scompenso cardiaco, insufficienza renale cronica) e assume una molteplicità di farmaci.
Questo rende particolarmente complesso l’inquadramento clinico e l’approccio terapeutico di fronte alle potenziali complicanze d’organo/apparato cui per altro questi soggetti sono particolarmente esposti.
Parliamo del paziente oncologico candidato alla chirurgia. Presenta delle peculiarità gestionali?
Questo tipo di paziente è solitamente indebolito e reso fragile dal trattamento neoadiuvante di chemioterapia e/o chemio-radioterapia che possono generare effetti cardiotossici e compromissione emodinamica.
L’intervento chirurgico di un tumore è spesso gravato da un alto tasso di morbi-mortalità post operatoria conseguente alla compromissione d’organo, delle attività funzionali ed emodinamiche del paziente durante il post-operatorio.
ll 17% dei pazienti sviluppa una complicanza cardiaca come l’insufficienza cardiaca acuta o la fibrillazione atriale.
Nella classificazione di Clavien-Dindo la chirurgia Oncologica è definita dal “Comprehensive Complication Index" (CCI) tra quelle ad alto rischio in quanto comporta una percentuale elevata di complicazioni, di cui circa il 27% è rappresentato da complicanze polmonare infettiva e/o tromboembolica come le polmoniti e le embolie polmonari.
A tal riguardo è in corso uno studio osservazionale in Italia atto a valutare in termini predittivi il deterioramento clinico in pazienti affetti da cancro dell’esofago, attraverso l’utilizzo di un nuovo sistema di monitoraggio continuo multi-parametrico non invasivo.
Dai risultati di questo studio avremo sicuramente conferme della nuova modalità di gestione globale dei pazienti oncologici post-chirurgici.
Ad oggi quali sono le soluzioni tecnologiche digitali che ci permettono di monitorare e gestire in modo predittivo questi pazienti?
Negli ultimi anni, con il mio gruppo di studio, abbiamo valutato l’accuratezza di dispositivi per la salute connessa, di ideazione e produzione dell’azienda
israeliana Biobeat.
La tecnologia Biobeat per la salute connessa, riverberata in dispostivi medici indossabili certificati come Patch e Watch, rende possibile monitorare in modo continuo i pazienti in degenza ospedaliera, in aree non critiche quali rianimazione ed UTIC, o al proprio domicilio post dimissione, ottenendo una mole di dati dei parametri vitali cardiaci, emodinamici e della funzione respiratoria, che possono essere analizzati dall’Intelligenza Artificiale della piattaforma in cloud.
Come questa tecnologia può favorire la medicina predittiva?
Il sistema Biobeat permette, attraverso l’uso dell’Intelligenza Artificiale, di riconoscere precocemente la comparsa del deterioramento clinico del paziente nel post intervento chirurgico.
L’uso dell’IA, espresso come punteggio di allerta precoce Early Warning Score, consente di porre in atto le misure cliniche e terapeutiche necessarie per prevenire eventi acuti nei pazienti fragili.
Il monitoraggio multi-parametrico continuo dei segni vitali nonché dell’Elettrocardiogramma, eseguito con strumenti indossabili come Patch e Watch, facilità l’azione clinico-predittiva, influenzando l’ottimizzazione terapeutica del paziente clinicamente instabile.
La tecnologia potrebbe quindi essere una buona alleata per aiutare il chirurgo a prendere decisioni diagnostico-terapeutiche?
Ulteriori studi, rispetto a quelli pubblicati, dimostreranno ancor più quanto accurato e necessario sarà l’uso del sistema Biobeat nella pratica clinica, per la gestione dei pazienti fragili e con comorbilità, sia nel post-operatorio che nelle aree di degenza ospedaliera e nel post dimissione al domicilio.
Ringraziamo nuovamente il Dr. Pecchioli per la cortesia e per avere sviluppato con noi questi temi interessanti.